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La vita davanti a sé
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Graziano Fusilli | 272 comments Mod
LA recensione DAVANTI A SÉ
Per una volta sono in difficoltà nello scrivere una recensione, poiché dietro ogni parola che scriverò su questo libro e su quello che ho letto non potrò usare direttamente il mio semplice giudizio o gusto personale, ma dovrò mediare i miei pensieri con quelli del GdL "Chiave di Lettura" che lo scorso 21 marzo si è riunito per discutere insieme “La vita davanti a sé” di Romain Gary (scritto sotto lo pseudonimo di Émile Ajar) e proposto dalla nostra Valentina Pace.

Perché in difficoltà? Perché al contrario del 90% dei componenti del Gruppo a me questo libro non è piaciuto per nulla: ho ribadito più volte durante l’incontro che se dovessi consigliarlo come bibliotecaria, lo farei per diversi motivi e tutti riconducibili alle tematiche trattate: la marginalità, l’abbandono, il degrado, interrazzialità, emarginazione, eutanasia, solitudine, etc. Tuttavia, a titolo personale, invece, non lo consiglierei proprio a nessuno (neppure se gli volessi male) e tra i tanti motivi vi è un uso esagerato del “linguaggio” povero e scarno e a volte "erroneo", usato e abusato dal protagonista. Non sono riuscita ad empatizzare con Momò, protagonista indiscusso del romanzo e voce narrante: le sgrammaticature e i termini – appunto – volutamente sbagliati non bastano per rendere il fluire dei pensieri di un bambino e non basta neppure che sia una storia triste, lo si capisce già dalle prime righe, una storia fatta di abbandoni, soprusi, solitudine e degrado; ma è anche una storia di amore quella tra Momò, orfano, e la donna che lo cresce, Madame Rosa (ex prostituta ebrea sopravvissuta ai campi di concentramento).

Ed è proprio tutto ciò che io non ho saputo apprezzare ad aver colpito, appassionato ed emozionato il resto del GdL. Vi hanno visto un libro unico nel suo genere, dove trovare un bambino che racconta come funziona il mondo senza peli sulla lingua. Un bambino intelligente, sagace, furbo, a volte anche un po’ canaglia, che racconta con freddezza e schiettezza la vita, insegnando che può essere strabiliante e disarmante. “La vita davanti a sé” nasconde una profondità morale (che ribadisco, personalmente non ho saputo cogliere) senza retorica e buonismo, dove Momò è costretto a vivere di espedienti con responsabilità molto più grandi di lui. È costretto a confrontarsi sin da subito con le ingiustizie: “la felicità bisogna prendersela fintanto che c’è” perché in agguato c’è sempre il dolore. Rincorre il desiderio di essere amato, di colmare il vuoto lasciato dalla vera madre (mai conosciuta) che cerca, senza tregua, ovunque. Ma sarà Madame Rosa (la madre surrogata) a colmare e riempire questo bisogno d’amore e quando questa si ammala, fino al punto di non essere più autosufficiente, sarà Momò a prendersi cura di lei. Inoltre, ciò che ha colpito i partecipanti del Gruppo di lettura è l’universo in cui Momò si muove ed è circondato: gli abitanti del quartiere e del condominio in cui vivono tra cui spicca sicuramente Madame Lola, un travestito senegalese, ex pugile, che non fa mai mancare cibo e soldi; il signor Hamil, un vecchio arabo ormai cieco, che dispensa saggezza e lezioni di vita (oltre a tutti i suoi ricordi); il protettore N’Da Amédée che gira con le guardie del corpo e che fa credere alla sua famiglia in Africa di essere ricco e famoso; il mangiatore di Waloumba con la sua tribù; il dottor Katz con i suoi consigli medici e psicologici e tanti altri. Ma tra tutti questi personaggi svetta sempre e solo il piccolo Momò con la sua infantile ironia e spontaneità, in cui sogni, paure, desideri affiorano con naturalezza e senza le censure psicologiche tipiche dell’età adulta (e su questo mi taccio!!!). Stupefacente la capacità di Romain Gary di rappresentare con credibilità la psicologia infantile in particolar modo le paure – la solitudine e il non saper affrontare la responsabilità della vita – stemperate dai sogni. La conclusione poi, con quella frase, “bisogna voler bene” ha colpito sicuramente al cuore: l’autore ha voluto sottolineare che se l’umanità è sempre più in balia dell’indifferenza bisogna guardare nei “bassifondi” per trovare bellezza e bontà.

Pubblicato nel 1975 “La vita davanti a sé” sotto pseudonimo, il romanzo fu subito accolto con favore dalla critica, tanto da meritarsi il premio Goncourt quello stesso anno. Rappresenta a pieno una generazione vissuta di stenti e privazioni subito dopo il secondo dopoguerra, una generazione multietnica dove i problemi non mancano (in primis prostituzione, droga, violenza, terrorismo, etc.) ma pronta a superare qualsiasi pregiudizio. Il romanzo racconta della contraddittorietà di un’epoca che esiste tutt’oggi, per questo di recente è tornato alla ribalta grazie al film del regista Edoardo Ponti dove recita (sua madre) Sophia Loren.

Concludo dicendo che forse quello che ha colpito più me è stata la storia personale del suo autore, il ricorrere all’uso di pseudonimi e alla fine tragica che gli è occorsa; ma questa è proprio un’altra storia... e che quindi io ho letto proprio un altro libro!!! Ahimé a volte succede anche ai bibliotecari di discostarsi dai gusti dei suoi utenti e dai suoi amici del GdL.
Vi saluto dandovi appuntamento a lunedì 2 maggio alle ore 20.30 per festeggiare i nostri primi 5 anni di attività e lo faremo insieme all'autrice Flora Fusarelli, che sarà con noi in collegamento online, con il suo libro “Le deboli” edito nel 2021 da 4 Punte Edizioni e con il libro del Premio Nobel per la Letteratura Herman Hesse “Il lupo della steppa”, poiché ci sembrava bello tornare un po’ alle nostre origini, quando proprio per il nostro primissimo incontro (il 2 maggio 2017) leggemmo, sempre dello stesso autore, “Narciso e Boccadoro”.


A cura di Valentina Pascetta


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